giovedì 29 maggio 2008

Bassa pressione


I gemiti della gente che affoga nella propria iniquità sono strazianti. Salgono dal basso e l'angoscia li fa propri. S'incarna così l'ansia.
La gioia e il dolore sono ricompense eterne. Il senno è ben lontano dall'accettazione di questa raffinata sensibilità. La testa cade nell'abisso e riemerge...continuamente, senza sosta.
Le membra straziate galleggiano. I brividi sono il sussulto dell'anima.
Rimpiangerai ancora quei giorni di beatitudine, mentre ormai la sabbia ti ricopre.
Non ha più coscienza di quello che lo sta avvolgendo, non ha più la forza di abbandonarsi al vento.
La calma piatta ricoprirà lui e poi li ucciderà tutti. Un silenziatore lo aiuterà a sopprimere tutto il rumore che affolla la sua mente.

martedì 27 maggio 2008

Esercizi di stile


Una volta trovata la propria dimensione etica, l'estetica diviene il processo superficiale con cui si mantiene tale dimensione, l'enunciazione di se stessi.
La consapevolezza di esprimere la propria moltitudine in un disegno finito, ma in costante evoluzione. Costruire e decostruire è questo il nostro destino. La scelta è alla base di questo processo. Questa scelta ci darà un punto di osservazione sulla continua lotta tra natura e cultura, ma senza poter prevedere le forme che essa assumerà. La potremo osservare solo in opposizione alla nostra scelta. Quì ed ora, poi sarà un'altra storia.

Postumi di una verità


Arrivare alla fine e rendersi conto di avere acqua da stringere fra le mani. Te le lascia bagnate e anche quelle poche gocce rimaste evaporano. Avere le mani prosciugate dal sole, aride, vecchie, quasi pietrificate, come una landa desolata.
Rivoli di sangue hanno tracciato il sentiero da percorrere, le lacrime dovranno solo seguirlo. Il peso inesistente del corpo è morto.
Vecchi fantasmi riempiono la mia mente e i loro mantelli offuscano il mio sguardo. Le torri del castello implodono, i tetti crollano sulle case, i precipizi si allargano, lo spirito non riesce più a trovare uno spiraglio. Ad ogni passo, la terra dietro di me, si sgretola, non posso voltarmi, non posso percorrere al contrario quello che ormai non esiste più. Il prato è ormai ingiallito e prossimo alla scomparsa. I fiori sono appassiti. Il loro urlo non è stato ascoltato. Il flebile sospiro di una madre tenta di farsi spazio in questo rumore. Si affaccia, in silenzio, senza chiamare nessuno. Anche le sue lacrime seguono il percorso che il sangue ha tracciato sul suo volto. Sente anche lei la terra mancare sotto i piedi eppure si volge indietro. Non vede le case crollare. Guarda il progetto. In quel sogno disturbato da squarci, da artigli che scalfiscono quel sottile velo di seta, riesce ancora a guardare una stella.
Quella stella che non l'ha mai abbandonata. Prima era sulla terra e oggi si trova in cielo. Brilla. E' la più luminosa. Qual'è la fonte di tanto coraggio?
I corpi si abbandonano: stanchi di lottare, di non essere compresi, di asciugare quelle lacrime di madre senza sapere cosa fare. I sussulti e i fremiti s'impadroniscono delle gambe, la gola si stringe, tutto il corpo è ritratto in se stesso.

Anche quei pochi balenii di luce sono stati stroncati. In questa camera buia le macchie di sangue non saranno visibili.

Ho bisogno di sentire un sospiro sulla pelle, un abbraccio silenzioso. Voglio anch'io una stella a cui aspirare. E intanto il cielo non ha più la forza di reggere tutti gli astri che sono stati creati dagli uomini.

Le vibrazioni dell'anima riportano alla mente sensazioni ormai sopite. L'affanno rivendica i suoi diritti.

lunedì 26 maggio 2008

Frammento ai posteri


Una penna ha vomitato i suoi pensieri. Sono dispiaciuta ma non posso fare a meno di riportare quanto genio ho trovato nei suoi scritti. Sembrerebbe la conoscenza di una vita. Quante distorsioni comuni! Quante affinità elettive. Perdonatemi se vi propongo una sorta di "minestra riscaldata",come potrebbero definirla alcuni. Ma la nostra missione è anche quella di tramandare ai posteri piaceri occulti.
Il testo è interamente tratto da "I paradisi artificiali" di Charles Baudelaire.
Non volgete lo sguardo altrove.
"Hoffman aveva preparato un singolare barometro psicologico che gli serviva per rappresentare le diverse temperature e i fenomeni atmosferici della sua anima. Vi si trovano divisioni quali: Spirito leggermente ironico mitigato di indulgenza; SPIRITO PROPENSO ALLA SOLITUDINE CON PROFONDO AUTOCOMPIACIMENTO; allegria musicale, euforia musicale, tempesta musicale, gaiezza sarcastica insopportabile a me stesso, aspirazione ad uscire dal mio "io", eccessiva obiettività, fusione del mio essere con la natura. Va da sé che le suddivisioni del barometro morale di Hoffman erano fissate secondo il loro ordine di generazione, come nei comuni barometri. Mi sembra che esista tra questo barometro psichico e la spiegazione delle qualità musicali dei vini una evidente fratellanza. (...)
Oh gioie profonde del vino, chi non vi ha conosciute? Chiunque abbia avuto un rimorso da placare, un ricordo da evocare, un dolore da annegare, o abbia fatto castelli in aria, tutti hanno finito per invocarti, o dio misterioso celato nelle fibre della via. Quanto sono grandiosi gli spettacoli del vino, illuminati dal sole interiore! Quanto vera e ardente quella seconda giovinezza che l'uomo attinge da lui! Ma quanto temibili anche sono le sue folgoranti voluttà e i suoi snervanti incantesimi. E tuttavia dite, in coscienza, voi giudici, legislatori, uomini di mondo, tutti voi che la felicità rende amabili e ai quali la fortuna rende facili la virtù e la buona salute, dite, chi di voi avrà il coraggio disumano di condannare L'UOMO CHE BEVE GENIALITA'. (...)
Il vino, d'altro canto, non è sempre quel terribile lottatore sicuro della propria vittoria, che ha giurato di non avere né pietà né misericordia. Il vino assomiglia all'uomo: non saprà mai fino a qual punto lo si possa stimare o disprezzare, amare o odiare, né di quali azioni sublimi o di quali mostruosi misfatti sia capace. (...)
Scenderò in fondo al tuo petto, come un'ambrosia vegetale. Sarò il GRANO CHE FECONDA IL SOLCO SCAVATO CON DOLORE. La nostra intima unione creerà la poesia. Noi due, insieme, saremo un dio, e volteggeremo verso l'infinito, come gli uccelli, le farfalle, i fili di ragno, i profumi e tutte le cose alate. (...)
Come i buoni re, esso regna grazie ai suoi servigi, e canta le proprie imprese attraverso le gole dei propri sudditi.
Molti certamente mi troveranno troppo indulgente. "Voi giustificate l'ubriachezza, idealizzate la crapula". Confesso che dinanzi ai benefici non ho il coraggio di conteggiare le colpe. D'altro canto ho già detto che il vino può essere assimilato all'uomo, e ho ammesso che i loro delitti erano pari alle virtù".
Anche il vino, come i miei petali, si trova chiuso nei suoi vetri.

sabato 24 maggio 2008

-INCIPIT-Aurora del silenzio

Si muoveva tra i suoi simili come un gatto d'appartamento si può muovere in mezzo a dei gatti selvatici. Era effettivamente impaurito dagli altri esseri umani. Senza nessuna curiosità nei loro confronti. La sua paura era legata alla scoperta di un nuovo sentimento un'autoelevazione a qualcosa di diverso. Perdere l'istinto. Ricercare troppe informazioni e volerne offrire troppe. Costruire troppe storie delle quali dimenticare l'importanza e il valore dell'oggetto magico iniziale. I pensieri, con loro le convinzioni, deviano costantemente da una struttura all'altra, con una sola cognizione di causa: credere nella propria onnipotenza. Debolezza rituale. Era schiavo di un rituale. La paura aveva aperto le sue porte e i suoi demoni erano fuoriusciti sotto forma di sogni. Era un uomo fortemente condizionabile, gli interessava soltanto intuire le vite e i momenti altrui. -Forse un giorno smetterò di sentirmi costantemente osservato- disse ad alta voce e si rimise a dormire-. Non aveva il coraggio di iniziare una nuova giornata, ma rimettersi a dormire significava perdere. Si fece un paio di seghe e fece il salto dal mondo onirico a quello in cui gli uomini vivono realmente. Non gli restava che la pulsione sessuale come ultimo istinto, come unico atto di vita. -Meglio in solitudine- pensò. E ripulì la sua mente-.

venerdì 23 maggio 2008

Trasfigurazione


E questa pioggia continuerà a bagnare i nostri volti per purificarci dal sottile strato di noia che ci avvolge. Mi reincarnerò nell'albero che si erge lungo la solitaria strada di Vladimir ed Estragon. Quella cinta è così attraente, ma anche ambigua: soluzione o abbandono? L'albero fungerà solo da appiglio. Tutti gli appigli si sfaldano facilmente, si sgretolano sottoposti all'eccessivo peso dei nostri dolori.
E quanto più la nostra presa sarà forte e salda a qualcosa di così effimero, tanto più la roccia si sfalderà.
L'albero li guarderà tutti precipitare e si ergerà sempre fiero di averne visto pochi risalire.
Lo spirito non è dotato più di ali: striscia viscido a terra e come un acido corrode tutto ciò che attraversa.

La deformazione della lente


Ho voltato le spalle alla stabilità,
il fiume è straripato,
la diga non è riuscita ad arginare il suo corso.
E quanto più il mio sguardo
tenta di spaziare l'orizzonte
tanto più esso si allarga
ed appare infinito.
Salendo una scala riusciamo ad avere maggiori prospettive
ma ci allontaniamo dal suolo.
Così la nostra vita
spingendosi oltre il muro della parvenza
perde il contatto con la realtà,
cade al contrario.
Un tonfo sordo coprirà il suo dolore.
Un brivido riporterà la sua essenza nella forma,
la sua anima nel corpo,
la sensazione correlata all'oggetto del suo desiderio.
Maggiore sarà il peso terreno,
maggiore sarà il suo dolore.
Ha buttato la faccia nella terra,
l'ha assaporata.
Un ultimo morso alla sabbia
e poi sarà pronto ad oltrepassare il muro.
E quando la fame sarà così grande
da non poter essere saziata dall'etere,
quell'ultima manciata di terra
tornarà alla mente.
Forse la riassaporerà.

Principio di misoginia


Come è mai possibile sentirsi disarmato al cospetto di un essere talmente innocente.
Come fare a resistere alla voglia di possedere una così bella creatura?
Fortunatamente una terza persona non mi ha permesso di entrare nella mia mente filmica e idealizzare del tutto quella lieve ed eccitante fantasia.
Domani tornerò, anche se il mio buon senso mi dice di non farlo.
Devo avere la sua innocenza.
Voglio vedere la luce dei suoi occhi.
Gli incontri dovrebbero restare attimi.
Le mie fantasie cambiano veste. Vizio e bisogno le pervadono.
Quiete e soavi come montagne boscose,
luminose e distese come laghi a mezzogiorno,
circospette e sfuggenti come volpi solitarie,
ingenue e inconsapevoli come pastorelle al tramonto.

Le statue di cera


Sempre invano lo sguardo
si volge indietro a rimirare
i passi stanchi
in questa vita fugace.
Solitario il pensiero si fa spazio
alla ricerca di balenii eterni.
Proiettandosi verso il futuro
l'animo si espande
da sempre anelante al regno immortale.
Così come un sasso
lanciato in un precipizio
cade senza sosta,
il nostro spirito
in questa vita
non trova appigli
e nel vano tentativo vede
le sue mani lacerate.

Il velo delle parvenze


E tu sei lì: luna. Ci guardi, e nelle sere
più splendenti irradi tutto ciò che la dea
notte vuole nascondere. Non
riuscirai ad equiparare mai il sole, ma la tua
luce spettrale, paradossalmente, svelerà
gli angoli più oscuri, irraggiungibili agli occhi della mente
abbagliati dal sole.
Svelata luna. Così sarai bellissima, nel tuo candore:
casta e prostituta, innocente e peccatrice.
Grazie a te, la notte sarà eterna.
Inviolata luna. Lasci un po' di te a tutti,
senza mai concederti a nessuno.
Sei parvenza, illusione: corpo celeste in affanno,
alla ricerca di un incontrollato bagliore.
Sfrenata passione che laceri la notturna anima latente.

giovedì 22 maggio 2008

Folle martirio


E nessuno verrà mai a salvarci su questa terra. La luna è così contenta: ha ottenuto la sua rivincita. Eravamo entusiasti della luce del Sole, inebriati dalla sua grandezza.

Ed ora quella stessa luce ci ha abbagliati e non riusciamo più ad intravedere il fioco bagliore della Luna. Ride adesso. Si specchia nel suo lago ed è contenta. Non ha più bisogno di alcuna ombra nella sua finitudine.

Si è costruita il suo mondo. Nessuno riuscirà ad entrarci. Sarebbe un'inutile caduta nel lago.

Affogare, cercando di stringere tra le mani un respiro di nuvole. Forse è solo un sogno. La luna e il sole erano d'accordo dall'inizio. Ora si divertono alle nostre spalle.
Con un volo ho attraversato le tenebre. Ma la luna ha illuminato le mie ali: ora sono scoperta. Devo fuggire, lontano. Non ho più spiragli in questo cielo. Sta implodendo, e non voglio esserne imprigionata.
L'immenso, stanco di aspettare qualcuno che lo attraversi, ha deciso di sparire. Lo farà in silenzio, nessuno se ne accorgerà. Anche lui avrà la sua vendetta. E sarà sempre troppo tardi.

Irpus


L'ordine è artificiale, anche cio che voglio capire è artificiale.
Serpenti a filo d'erba mi pietrificano.
Inquietanti cornacchie mi risvegliano.
L'unica alternativa è il silenzio, ma anche esso, purtroppo, è un artifizio.
Le case dei morti son cumuli di pietre.
Le voci dei morti son soffi di vento.
Le membra dei morti son legna da ardere.
Gli occhi dei morti son feroci inquietudini.
La vita dei vivi è un corrosivo rinascere.
Lingue di pietra appesantiscono il pensiero fino a farlo cadere nell'inesprimibile.
Basta.
Ho deciso di camminare, andare, farmi incontrare da oggetti vivi con i quali ho già imparato a parlare.

mercoledì 21 maggio 2008

Il grado di disordine relativo allo stato di aggregazione


Quando si mescola un mazzo di carte è altamente improbabile che esse si dispongano secondo una sequenza prestabilita. E' normale, invece, trovarle distribuite nel mazzo in modo del tutto casuale. Analogamente se si mettono in un barattolo palline di due diversi colori, ma di uguale forma e massa e si scuote il barattolo, le palline si troveranno mescolate sempre in modo più o meno omogeneo. Non si otterrà mai una netta separazione.
E' altamente probabile che un sistema formato da oggetti diversi si presenti in forma disordinata; inoltre tale probabilità aumenta con l'aumentare del numero di oggetti presenti..
...reminescenze di chimica...

Assenzio q.b.


"E quanto più tenta di innalzarsi alla luce, tanto più si sente ancorato alla terra, verso le tenebre, verso il male. Il suo amore per la vita, lo spinge verso il basso, alla ricerca di un trampolino di lancio" (Friedrick Nietzsche, Così parlò Zarathustra). Effimera illusione: non troverà mai la soluzione. Stando sulla terra finisce col perdere la capacità di nuotare, arrivando ad odiare l'acqua. Crogiolandosi così nei suoi dolori, perderà la voglia di cercare la luce, la detesterà. Ma solo avendo anelato ad essa, anzi desiderandola ancora più ardentemente, è finito con l'abituarsi a considerarlo solo l'aspetto più oscuro.
Solo chi anela alla vita e alla luce, deve passare, cadere, abbandonarsi al baratro della desolazione terrena, alle sue lande e ai suoi burroni. Per questo chi ama di più vivere, nella sospensione dello spirito si sente affogare. Colui che odia l'acqua, si sente affogare perché persuaso dalla sua potenza.

Anice stellato


"Ma da quello sguardo carico di tempesta vedo che il tuo cuore non è fatto per feste tranquille e questa bellezza, cupa come il ferro, è di quelle che fa apparire splendido l'inferno..per soddisfare un giorno di lussurie spaventose e rattristare il cuore d'umili creature.
I cuori sono una scogliera dall'aria nobile e massiccia, dove risplende il faro, benefica vedetta, ma che viena a poco a poco scavato, consumato nelle radici".
Baudelaire

Il sottile confine tra schiavo e padrone


Brucia. I suoi artigli penetrano nel mio corpo. Ben distintamente sento che sta risalendo dentro di me. E un urlo straziante si leva dalla sua gola. Chi sei? demone così lodato. Perché urli?. Hai bisogno d'aria anche tu. La nostra simbiosi è perfetta. Il tuo urlo è melodia alle mie orecchie e il tuo spirito ansante mi pervade. Celestiale perversione di uno spirito spasmodico, ecco che i tuoi artigli stanno lacerando le mie vene e il mio corpo, invano. Tenta la ribellione: al mio spirito non può essere negata la tua presenza.
Invano la razionalità volge il suo sguardo assassino verso di te, demone-principe, tu mi sei complementare.
Sputerò sangue, ma ti chiederò ancora di farlo. Allontanati quando la ragione-meretrice si avvicinerà a sedurti. Rifugiati negli antri più bui, lì dove il mio respiro si fa più pesante e più vicino a te.
La ragione avulsa dal sentimento è Male. E io non posso, non posso. Scaverò sotto i polmoni per salvarti dal desiderio di evadere dal mio corpo quando sarà ormai diventato dominio della ragione.

Un barattolo e petali immortali


Lo senti il tocco del nulla, leggermente, sulle labbra. Sentire il niente tra le mani, eppure afferrarlo, con forza, tenerlo stretto a sé. Incolore, insapore. In silenzioso schianto a terra. Nessuno se n'è accorto. Una rosa scivola nella fossa che ho scavato. Perde i petali, volano via, trascinati dal vento. Vanno a posarsi su un velo steso a terra. Invisibili come macchie di sangue ripulite. Qualcuno avrebbe dovuto raccoglierli, invece sono tutti intenti a versare lacrime nella fossa. Urlando e implorando quello stesso cielo che li sovrasta. Credimi, lui non ha colpe. Intanto il ramo di spine giace nel fosso e quei petali sono sempre lì. Nessuno ci fa caso. Io vorrei prorio quelli. Tutti sono distolti dalla loro vera missione. Siamo morti due volte. Non voglio imprecare contro questo gigante che sovrasta le nostre teste.
Voglio raccogliere i petali. Fermare il tempo in quell'attimo: quando i petali hanno preferito il vento piuttosto che la fossa. La loro stessa natura ha permesso la scelta. Sono così leggeri ed ogni minima scossa li distoglie dal baratro. Non si fermano. Hanno imparato ad annullare il prorio peso quando l'attrazione gravitazionale si fa maggiore. Voglio fermare il tempo in quell'attimo per diventare petalo. Non c'è bisogno di contemplare quel ramo spoglio. Volgiamo piuttosto il nostro sguardo su quei petali fuggiti dalla loro sorte.
Così ho raccolto quei petali e li ho portati a casa. Li ho messi in un barattolo ed ogni giorno li prendevo. Era bello sentire il nulla tra le mani. Non potevo immaginare che li avrei uccisi. Credevo che il mio respiro li avrebbe tenuti in vita per sempre, ma avevano bisogno del loro vento, il mio era troppo fioco. Ed eccoli lì ora, secchi e appassiti. Li ho buttati nella fossa.
1 a 0 demone-principe...

Il vento è architetto della natura


Sono in un covo di serpi. Sono loro ad avere paura di me, ma per quanto ancora. Ho aperto i cancelli della mia identità. Meglio dire che ho finalmente lasciato le redini della mia identità. Ancora meglio, ho sradicato un uomo da qualsivoglia identità.
L'identità è tutto ciò che non è. Nel momento stesso in cui si pensa di essere, già non si è più.
Chiedete a voi stessi chi siete, questo non vi farà essere pazzi, ma solo più coscienti, se per coscienza si intende quella forza circolare che alterna cenere e terra.
Non bisogna avere paura di se stessi. Noi siamo liberi, le nostre scelte no.
Capire come si è arrivati a scegliere ci farà capire che siamo liberi di scegliere, ma non di decidere.
Le decisioni sono pre-formate, perciò muoviamoci nella scacchiera, perchè solo in essa possiamo essere. Al di fuori è negazione. Il recinto non ha vie di uscita. Oltrepassalo e ti renderai conto che immediatamente se ne creerà un altro. Le nostre rappresentazioni sono i nostri limiti. Possiamo solo essere ciò che già esiste. Noi, uomini del presente-passato e del presente-futuro. Se non riempiamo le forme con le nostre essenze rischiamo di perderci nell'infinito dell'universo dove tutto è ancora da decidere, ma dove non esiste una differenza da cui partire per poter scegliere.

martedì 20 maggio 2008

La poesia inespressa


Siamo lucciole nelle tenebre alla perenne ricerca del paradiso perduto. Forse è proprio questo desiderio insaziabile di dare un significato più profondo alla nostra esistenza, che ci spinge a cercare arti più "interiori". Ma se, come diceva Nietzsche, "l'arte è la giustificazione estetica dell'esistenza", la poesia può essere considerata arte? Forse Nietzsche era mosso, almeno inizialmente, dalla necessità di dare un senso alla vita cercandolo nell'aspetto più superficiale dell'esistenza umana. Il nostro palato vuole essere soddisfatto da gusti nuovi, da cibi inconsueti e soltanto dando sfogo alle nostre necessità primarie ormai sopite, potremo salvarci. Gli occhi dovrebbero squarciare la pellicola che l'apparenza ha tentato di propugnarci spacciandola per realtà. Ma il sole ci ha abbagliati con i suoi raggi e nel momento in cui abbiamo chiuso gli occhi per proteggerci dalla sua luce accecante, come una guaina, una seconda pelle, la fugace pseudo-realtà ci ha soffocati. Questa è la funzione del mondo in cui viviamo. Siamo persi in quest'universo così brillante, ma anche così futile. Nonostante la nostra consapevolezza, è un'impresa ardua distogliere lo sguardo da esso. Riesce a sedurci con la sua musica cadenzata. Ed ora come statue di cera siamo sciolti da ciò che prima era la nostra primaria fonte di sostentamento. Per questo motivo, nella nostra società, dove abbiamo tante cose in vetrina, ma poche in magazzino, è difficile riuscire ancora a scorgere qualche balenìo di profondità. Ciò non implica il fatto che la poesia sia scomparsa dalla nostra quotidianità. Soltanto, si è adeguata alle nostre esigenze. La troviamo nelle canzoni, nei blog su Internet, in tutti coloro che riescono a chiudere gli occhi prima di essere assuefatti da questo mondo così attraente. "Certo oggi la poesia è diventata impopolare, ma se tutto ciò che può essere ritenuto popolare è quello che rispecchia i valori di denaro e tecnica allora è meglio che la poesia non sia popolare" (G.Conte).
Nel passato gli uomini erano mossi da grandi ideali, riuscivano a lanciarsi allo sbaraglio di conquiste obsolete, con indosso una sola tunica. La meta più ambita, il forziere, lo spauracchio della magia, tutto contribuiva ad alimentare la loro sete di avventura. Per questo motivo le loro grandi idee, emozioni, cause dovevano essere espresse e comunicate agli altri uomini, mossi da valori comuni. Oggi si parla di "società della comunicazione". Ma basterebbe ampliare l'orizzonte col nostro sguardo per rendersi conto che non è così. Gesti eclatanti, adrenalina, sensazioni forti. Si può davvero affermare che questa sia l'era della comunicazione? Quando manca la parola, emerge il gesto come elemento di comunicazione. Sembrerebbe prorio che questo sia il tempo delle azioni che riescono ad appagarci almeno temporaneamente.
La poesia è indiretta, è cambiata nella forma, ma non nella valenza. Le parole traspaiono dalle opere d'arte, da un tono di colore, da un profumo ermai dimenticato. La poesia affonda le sue radici in tutte le sensazioni e pulsazioni dell'anima. La poesia si avvera solo nella mente di ogni singolo, il resto, come la popolarità, appartiene alla sfera delle conseguenze e può esserci o non esserci. E' fondamentale avere negli anni un progressivo mutamento. I costumi e le usanze, come i pensieri e le idee, se rimangono ancorati a vecchie tradizioni, senza adeguarsi al cambiamento della società, sono destinati ad appassire. Per questo motivo la poesia ha dovuto modificare la sua forma, senza scomparire. "Se morisse la poesia, si atrofizzerebbero e si impoverirebbero mortalmente anche il linguaggioe il pensiero"(G.Conte).
Oggi tutto quello di cui abbiamo bisogno si trova contrassegnato sulle insegne che illuminano la città. Diventa così più difficile scorgere la fioca luce della candela, come la poesia. "L'essenziale è invisibile agli occhi", non s'illumina ad intermittenza su un'insegna. Non riesco a creder che la poesia sia scomparsa. "E' una sorta di lingotto in un caveau svizzero, approssimativo nella memoria, ma emotivamente indistruttibile. Ognuno lo mantiene per sé, con la sua segreta chiave. Rappresenta un mondo di suggestioni enigmatiche, evocabile in qualsiasi momento della nostra quotidianità. Per questo la poesia non solo è ancora presente, ma fondamentale, in quanto rappresenta uno spiraglio aperto, se pur momentaneo su un mondo parallelo, lontani dalle prerogative del nostro tempo".
A tal fine è fondamentale prestare attenzione alla nostra voce interiore poichè la vera poesia, quella inespressa, si trova dentro di noi e traspare attraverso le sensazioni più svariate.