giovedì 28 agosto 2008

Introspezione

Avvertivo la malattia dai suoi lineamenti, dal suo profilo, dall'angolazione delle sue ginocchia, dalla solitudine di quegli attimi senza spasimi, senza rumori, senza suoni. La scia continua del fumo sottolineava l'assenza di movimento. Quello strano gioco che facevano i ragni nell'acqua: come poli dello stesso segno non riuscivano mai ad avvicinarsi completamente. La loro fuga eterna. La mia fuga salvifica. Eppure quell'atmosfera riusciva a riempirla. Quella voglia di affondare la testa nell'acqua per annullare anche quel silenzio che sapeva di frastuono alle sue orecchie. Una strana espansione della gabbia toracica rendeva possibile il suo respiro...stava abituandosi alla terra. Le sue branchie erano diventate sempre meno evidenti, anche se la vicinanza ad una fonte d'acqua era ancora necessaria. E non aspettava nessuno che cercasse di scrutarla, di capirla. Solo una falena, per fuggire con lei la notte.


lunedì 25 agosto 2008

-INCIPIT- Appunti di zoofagìa

-Perbacco!- disse la goccia d'acqua caduta nell'oceano -dove mi trovo?- In un attimo si era ritrovata riflessa in ogni millimetro che la circondava. Nulla che più la distingueva dalle altre solite goccioline.
Tutto intorno a lei era stato adeguatamente omogeneizzato e ora, come la particella di sodio in acqua Lete, si trovava a disagio.
Nulla di più semplice- argomentò il ciottolo di fiume che si era ritrovato lì per lo stesso motivo- che attirare l'attenzione di un pescatore solitario che porta a spasso il suo figliolo e lasciarsi così trascinare fuori dall'acqua. -Ma per lei è più difficile!- esordì il vecchio scarpone -come potrebbe mai tornare in quella nuvola? Di certo non riuscirà a farsi strada tra le acque-
-Beh,un modo ci sarebbe- l'audace libellula aveva fatto la sua comparsa -Di notte potrei trasportarla lassù. L'unico suo problema sarebbe di non scomparire durante il tragitto. E poi quella nuvola: siamo sicuri che rimanga per tutto questo tempo lì ad aspettarla?-
Gli abitanti sbagliati dell'oceano si riunivano di giorno e di notte con la speranza di trovare una soluzione ad un problema tanto incombente.
La gocciolina non riscontrando esiti positivi aveva addirittura tentato il suicidio. Una mattina, all'alba, quando tutti ancora danzavano con Morfeo e Bacco, si era messa in superficie, a pelo d'acqua: cercava di evaporare. Così i suoi influssi avrebbero, in un modo o nell'altro, almeno avvertito la sua casa nuvola di ripartire. Il clima era sempre più secco e tutta la sua compagnia di nuvola era in pericolo. Ancora pochi giorni e nemmeno di quest'ultima sarebbe rimasta traccia. Fu allora che in quel pezzo d'oceano fece la sua comparsa la bollicina d'aria.



sabato 16 agosto 2008

-INCIPIT-Ammesso che gli sciami di vespe abbiano una traiettoria

Come iniziare un racconto?
Si potrebbe immaginare un omino nero (non Bianco che smacchia) di quelli stereotipizzati, praticamente un puntino, polvere, lungo una strada.
Un bel/brutto giorno l'omino decide che è giunta l'ora di darsi un certo spessore. Si sa, gli omini stilizzati sono praticamente composti da un punto e qualche linea.
Nello stesso quartiere dell'omino (che per comodità potremo chiamare Ambrogio/Luigi/Stefaldo) vive una vecchia signora. Zia di tutto il villagio. Zia di routine. Zia di convenzione. Zia per passione. Vedova. O meglio perenne promessa sposa di un marinaio.
Poco tempo prima delle nozze, al futuro marito era stata diagnosticata una strana forma di allergia, la Terracite. Brutta, davvero incurabile. Non passava giorno senza che
Guglielmo (ipotetico marito) non avvertisse strani bruciori. Tremori. Palpitazioni. Giramenti di testa. Svenimenti. Insomma diciamo la verità: una piaga per la vita coniugale dei due. A niente erano serviti gli impacchi ai fanghi d'alga (non aveva di certo la cellulite), gli esorcismi (ecco che un certo misticismo ritorna) e tutti gli altri rimedi che la gente del villaggio ogni sera gli offriva. Tiberio, ad esempio, testimone di nozze della zia dell'amica di Guglielmo divenuta poi amante del prozio di quest'ultimo (è possibile?) aveva portato con sé uno strano prodotto da uno dei suoi ultimi viaggi in Svezia. Diceva fosse un cibo surgelato. Salmone affumicato lo chiamavano Chi non conosce i miracolosi effetti di questo? Bastò un'annusatina veloce che Tiberio cadde a terra quasi stecchito. Per non parlare dell'aroma che impregnò le stanze della casa per quasi una settimana. Tiberio fu allontanato dalla casa, così nessuno poté più apprezzare i benefici delle sue "cartoline da viaggio".
Dopo molte diagnosi si scoprì l'allergia di Guglielmo, Terracite appunto. Bandire i piedi dalla terra. Queste erano state le parole del medico. "Guglielmo non potrà più toccare le terraferma!", tutto rimbombò come un tuono nella stanza.
Quale professione migliore del marinaio allora? E sarebbe un sacrilegio rovinare le leggende che ruotano intorno alle promesse da marinaio.
La povera zia,così, non si era più sposata. Aveva a lungo atteso un suo ritorno, fino all'arrivo di una sua foto tra donnine divoratrici di uomini. Proprio così c'era scritto.
In realtà quella non era certo stata una cartolina inviata proprio a lei. Semplicemente una locandina di uno spettacolo che si teneva nella vicina località di Certopoli.
Per questo la vecchia donna ora si dilettava a fare la zia. Ad esaltare le eroiche gesta del suo defunto quasi sposo. Ad immaginare come sarebbe stata la sua vita tra le sue leggere braccia. A dare un nome a tutti i 18 figli che avrebbero dovuto avere. E a pianificare quella che sarebbe stata la loro vita. 20 vite da pianificare ( la zia morirà a 258 anni, sperando che siano sufficienti).
Ovviamente per raccontare tutto ciò doveva avere tante testoline/ orecchie/ cavie che stessero ferme ad ascoltarla. Zia di tutti appunto.
Ambrogio/Luigi/Stefaldo, era giunto il suo turno. La fila era stata lunga, ma tutta quell'attesa sarebbe stata ricompensata.



martedì 5 agosto 2008

La sordità del pittore

Accedo alle porte invisibili che circondano la mia vita. Senza bisogno di parole-chiave si spalancano ad ogni mio soffio. Non trovo accompagnatori. Non mi aspetto nessuno all'entrata né ad un'ipotetica uscita. Ho cercato per poco la felicità senza successo. La nave nell'oceano ha perso la sua bussola. Eppure sento pulsare del sangue non mio. Non vorrei uccidere me stessa facendo del male anche a colui che in me affonda le sue radici. Come un albero sta scavando i miei polmoni. Senza dolore. Senza soffocamento. E se per uccidere lui dovessi uccidere me stessa? Forse la soluzione è sempre stata davanti ai miei occhi. Stanca di chiudere gli occhi senza piacere. Stanca di cercare qualcosa da trovare. La schiuma dei sogni offusca i miei pensieri. Dilata i miei piaceri. IO che ballo ebbra della mia essenza. Lui che dentro di me armonizza un'orchestra senza suoni. E la mia mano come paralizzata non riesce ad asciugare questo sangue che scorre sulle mie braccia.Ogni passo avanti mi avvicina all'orlo del trampolino: non so nuotare. Ma questa paura lacerante mi spinge a buttarmi ugualmente. A perdermi tra i fiumi della gente. Ad assaporare pelle diversa dalla mia. Nuova. Ad affondare le mie mani nelle terre arse al sole. A bruciare pezzi di vita. L'acido che diventa latte. La saliva che diventa ambrosia. E questo ritmo invisibile mi pervade...non rieco a smettere di danzare alle sue note...silenzio.


venerdì 1 agosto 2008

Postumi di un temporale

Lento e sinuoso è il movimento di queste gocce d'acqua. Sbattono a terra creando una leggera pellicola sulla ruvida superficie della strada. Come rivoli di sangue scendono a valle nella speranza di riunirsi in un unico e più grande solco. Ma la loro corsa sfrenata non le ha forgiate abbastanza da superare quella fogna stagnante che le separa dalla pianura. Rallegratevi! Il vostro problema sarà presto fonte di gioia. La stasi pianeggiante vi avrebbe distrutto: breve sarebbe stata la vostra permanenza sulla terra. Non avreste avuto possibilità di movimento e il sole vi avrebbe prosciugate. Invece ora cadrete nella fogna e proseguirete il vostro corso nel fiume dei lamenti che scorre sotto i nostri piedi. Non aggirate l'ostacolo passando lungo i margini. Lasciatevi trasportare dal tumultuoso movimento dei vostri simili e dal loro slancio vitale, che imperterrito li spinge nello stomaco della terra. Ci ritroveremo tutti un giorno a mendicare fogne e tombini così da creare un'uscita d'emergenza quando davanti ai nostri occhi si staglierà solo una pianura.