Avvertivo la malattia dai suoi lineamenti, dal suo profilo, dall'angolazione delle sue ginocchia, dalla solitudine di quegli attimi senza spasimi, senza rumori, senza suoni. La scia continua del fumo sottolineava l'assenza di movimento. Quello strano gioco che facevano i ragni nell'acqua: come poli dello stesso segno non riuscivano mai ad avvicinarsi completamente. La loro fuga eterna. La mia fuga salvifica. Eppure quell'atmosfera riusciva a riempirla. Quella voglia di affondare la testa nell'acqua per annullare anche quel silenzio che sapeva di frastuono alle sue orecchie. Una strana espansione della gabbia toracica rendeva possibile il suo respiro...stava abituandosi alla terra. Le sue branchie erano diventate sempre meno evidenti, anche se la vicinanza ad una fonte d'acqua era ancora necessaria. E non aspettava nessuno che cercasse di scrutarla, di capirla. Solo una falena, per fuggire con lei la notte.
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