Il baratro del nichilismo negativo è sempre pronto a riaprirsi. Le vie di fuga vengono chiuse da uno spietato realismo, la depressione congenita fa il resto. La memoria viene revisionata da auto rappresentazioni cariche di disprezzo. Le tracce lasciate vengono cancellate senza motivo apparente. Non c’è nessuno che insegue, nessuno da depistare. Il risultato è un uomo che gira in tondo su se stesso restando fermo. L’ideale sarebbe girare in tondo su se stessi mentre si avanza. Un piccolo teatro è sorretto da fili invisibili sopra un immenso mare nero. Al suo interno una dozzina di attori stanchi di far ridere, ma troppo autoironici per far piangere. Tra loro c’è chi produce sogni e chi sogna di produrre realtà, chi scrive lettere motivazionali e chi si accende una canna di Mazari Sharif, chi cerca casa senza trovarla e chi odia la sua terra, chi vorrebbe un amica e chi potrebbe ammazzare sua madre per poi dimenticarsene. Eppure, da qualche parte venderanno dei punti di riferimento, non miti, ma trottole danzanti.
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